lunedì 28 maggio 2012
mercoledì 16 maggio 2012
ALE E PIPPO
Una volta ricordo di aver letto che la gioventù finisce quando il tuo giocatore preferito è più giovane di te.
Alessandro Del Piero e Pippo Inzaghi , simboli di un'intera generazione lasciano tra le lacrime. Erano la coppia d'attacco della Juve 97/98.
Del Piero, arrivato alla Juve da ragazzo poco più che maggiorenne la lascia da uomo vero , a 38 anni e con tre figli. Comprai la sua maglietta a una bancarella per 15 mila lire nell'estate del '97. C'era nel 2002 quando strappò lo scudetto all'inter all'ultima giornata , e io stavo per fare l'esame di terza media. C'era nel 2003 , quando guardammo insieme la finale di Champions tutta italiana , e c'era soprattutto nel 2006 , noi maggiorenni e lui campione del mondo. C'era nelle delusioni , nei mondiali e negli europei persi, nelle stagioni storte , negli inverni più tristi. Ma sempre a testa alta, senza una polemica, da vero capitano , da vero esempio.
Se Del Piero faceva i gol alla Del Piero, non possiamo non citare i gol alla Inzaghi di Super Pippo Inzaghi. Che sono ancora più difficili! Di culo , di schiena , di polpaccio , di orecchio , ma sempre da attaccante vero.
E quel suo modo di esultare. Lo stesso che si giocasse una finale di Champions o un'amichevole di metà agosto.
Onore a voi , Pippo e Ale. Eroi moderni di un calcio che non c'è più.
domenica 6 maggio 2012
FINE DELLA CORSA
Francesco Gagliardi , detto anche il Balotelli di Piancastagnaio a causa del suo stile di vita non proprio da atleta, stavolta non l'ha passata liscia . Protagonista di un inverno spregiudicato e avventuroso , condito da ripetute serate, dal mercoledì al Barone Rosso con le universitarie al giovedì al Gallery col fedele compare Barabuffi , dal Papillon del venerdì , con tavolo fisso e bevute a go-go , al Vanilla della domenica , dove raccattare le over 25, sempre cuba libre sempre in mano e donne , tante donne intorno. Escort , mamme di amici , minorenni , feste private in appartamenti ... E ritorni a casa sempre in macchina , sbilenchi , portando via specchietti , arrotando cinghiali , guidando senza mani. Ma purtroppo la beffa a volte è più vicina di quanto si possa pensare. E arriva nella serata in cui meno te lo aspetti , quando la gente magari è a casa a guardarsi un film , o a giocare partitelle di inutili torne primaverili. E ti colpisce , portandoti via uno dei cartoncini di plastica più importanti che abbiamo in tasca. Dopo un inseguimento durato circa 45 minuti , con elicotteri della polizia a controllare dall'alto e interi quartieri evaquati , la corsa del poro Chino si è conclusa quando il poliziotto da distanza siderale gli ha sparato due colpi alle gomme della sua lancia y , fermando la sua fuga verso la libertà. Per prendere tempo ha chiuso da dentro la macchina facendosi prigioniero e fingendo che la portiera si fosse bloccata , poi si è rifiutato di parlare se non in presenza del suo procuratore, infine ha tentato di spiegare ai poliziotti come quella fosse la sua prima sbronza (nello stesso modo in cui i giocatori ammoniti dopo aver falciato un avversario da dietro si rivolgono all'arbitro "ma dai è il primo fallo!!". Non c'è stato niente da fare, si sa , la legge in Italia è inflessibile....
La bella vita... continua!!!
La bella vita... continua!!!
venerdì 4 maggio 2012
I NUMERI DELLA VITA II
Di Beppe Severgnini
Abbiamo discusso, sabato scorso, dei numeri invisibili che
ognuno di noi si porta sulle spalle: dai posati portieri agli stoici stopper, fino ai liberi (quelli/e che attraversano la vita col numero 6, e devono rimediare agli errori altrui). Oggi ci occuperemo del resto della squadra. Cominciamo con le ali destre (numeri 7). Non sono molte, nella società italiana. Sono infatti persone capaci, originali e, nello stesso tempo, affidabili. Il loro motto è: genio e regolatezza.
Alcune ali destre caracollano per tutta la vita sulla fascia di
competenza, con la serietà dei Domenghini e degli Zambrotta. Altre
hanno in sè lo spirito dei Jair, dei Causio e dei Beckam: possono
decidere la partita da sole. Se avete un'ala destra in azienda,
tenetela da conto. Oppure fatela fuori subito: potrebbe soffiarvi il
posto.
Le mezzali destre (numero 8) sono personaggi diversi.
Caratterialmente, si inseriscono dovunque. Ma covano dentro di sè
l'invidia per il numero 1O (il numero dei leader, dei geni e dei
pazzi). La mezzala destra, in un'associazione, farà il
vicepresidente. In un condominio, il presidente dell'assemblea. Molte
donne si lamentano di aver sposato una mezzala destra: un uomo senza
il fascino macho del mediano, né il carisma di un centroavanti. Ma
ammettono che è un buon papà, e sa caricare la station-wagon.
Siamo ai numeri 9. Chi sono i centroavanti tra di noi? Quelli che
sono sempre in prima fila. Dall'asilo all'ospizio, alzano la mano,
prendono la parola, offrono la propria candidatura. Alcuni realizzano
i propri obiettivi; altri segnano solo perchè gli lasciamo tirare i
rigori. Ma il centroavanti in genere piace perchè, mentre insegue la
gloria, si prende le grane. Possiede la baldanza di Don Chisciotte,
il linguaggio di Tex Willer, la bullaggine disneyana del Re Leone. Le
squadre, le famiglie e le nazioni, spesso, finiscono per dipendere da
lui. Ne abbiamo uno anche a Palazzo Chigi. La volontà non gli manca.
Speriamo eviti i colpi di testa.
Sul numero 10 esiste tanta letteratura che verrebbe voglia di non
soffermarsi su di lui (o lei). Chi indossa, nella vita, la maglia di
Rivera e Maradona? Spesso si tratta di personaggi insoddisfatti:
gente che ha accettato il ruolo senza averlo cercato. Altre volte, il
numero 10 è un'ala destra senza alternative: o cambiava maglia,
oppure la squadra andava a ramengo. Tra tutti, questi sono i
migliori. Non calciano le punizioni, non fanno i divi: mettono la
fascia di capitano e si presentano per primi ogni mattina (in
azienda, in ufficio, in ospedale).
Ma ci sono anche numeri 10 che pensano d'essere unici, e ci
costringono a correre per loro. In un reparto d'ospedale, pensano
più alle pubbliche relazioni che alla clinica medica. In un giornale
di provincia, spendono, spandono e spariscono (prima che l'editore
faccia i conti). In un'azienda pubblica, passano come meteore,
lasciandola in fondo alla classifica. In un ministero, annunciano
dieci programmi rivoluzionari, ottengono cento articoli sui giornali:
poi danno le dimissioni. In amore, il numero 10 si considera un gran
seduttore. E talvolta lo è davvero. Ma solo perchè lei è un
incorreggibile terzino destro.
Siamo alle ali sinistre (numero 11), che hanno subito una mutazione.
Un tempo quello era il ruolo dei geniacci come Mariolino Corso, che
nelle giornate estive giocava all'ombra delle tribune. Oggi le ali
sinistre sono dei centrocampisti, e talvolta non sono neppure
mancine. Nulla di male, naturalmente. Ma quando sulla spalle del
collega ci sembra di intravedere il numero 11, non illudiamoci:
potrebbe essere Guly. Bravo ragazzo, utile alla causa. Ma il genio,
sul prato verde di un ufficio, è un'altra cosa.
Ecco: abbiamo finito. Rimarrebbero da descrivere i panchinari della
vita. Ma ci manca il cuore..."
Alcune ali destre caracollano per tutta la vita sulla fascia di
competenza, con la serietà dei Domenghini e degli Zambrotta. Altre
hanno in sè lo spirito dei Jair, dei Causio e dei Beckam: possono
decidere la partita da sole. Se avete un'ala destra in azienda,
tenetela da conto. Oppure fatela fuori subito: potrebbe soffiarvi il
posto.
Le mezzali destre (numero 8) sono personaggi diversi.
Caratterialmente, si inseriscono dovunque. Ma covano dentro di sè
l'invidia per il numero 1O (il numero dei leader, dei geni e dei
pazzi). La mezzala destra, in un'associazione, farà il
vicepresidente. In un condominio, il presidente dell'assemblea. Molte
donne si lamentano di aver sposato una mezzala destra: un uomo senza
il fascino macho del mediano, né il carisma di un centroavanti. Ma
ammettono che è un buon papà, e sa caricare la station-wagon.
Siamo ai numeri 9. Chi sono i centroavanti tra di noi? Quelli che
sono sempre in prima fila. Dall'asilo all'ospizio, alzano la mano,
prendono la parola, offrono la propria candidatura. Alcuni realizzano
i propri obiettivi; altri segnano solo perchè gli lasciamo tirare i
rigori. Ma il centroavanti in genere piace perchè, mentre insegue la
gloria, si prende le grane. Possiede la baldanza di Don Chisciotte,
il linguaggio di Tex Willer, la bullaggine disneyana del Re Leone. Le
squadre, le famiglie e le nazioni, spesso, finiscono per dipendere da
lui. Ne abbiamo uno anche a Palazzo Chigi. La volontà non gli manca.
Speriamo eviti i colpi di testa.
Sul numero 10 esiste tanta letteratura che verrebbe voglia di non
soffermarsi su di lui (o lei). Chi indossa, nella vita, la maglia di
Rivera e Maradona? Spesso si tratta di personaggi insoddisfatti:
gente che ha accettato il ruolo senza averlo cercato. Altre volte, il
numero 10 è un'ala destra senza alternative: o cambiava maglia,
oppure la squadra andava a ramengo. Tra tutti, questi sono i
migliori. Non calciano le punizioni, non fanno i divi: mettono la
fascia di capitano e si presentano per primi ogni mattina (in
azienda, in ufficio, in ospedale).
Ma ci sono anche numeri 10 che pensano d'essere unici, e ci
costringono a correre per loro. In un reparto d'ospedale, pensano
più alle pubbliche relazioni che alla clinica medica. In un giornale
di provincia, spendono, spandono e spariscono (prima che l'editore
faccia i conti). In un'azienda pubblica, passano come meteore,
lasciandola in fondo alla classifica. In un ministero, annunciano
dieci programmi rivoluzionari, ottengono cento articoli sui giornali:
poi danno le dimissioni. In amore, il numero 10 si considera un gran
seduttore. E talvolta lo è davvero. Ma solo perchè lei è un
incorreggibile terzino destro.
Siamo alle ali sinistre (numero 11), che hanno subito una mutazione.
Un tempo quello era il ruolo dei geniacci come Mariolino Corso, che
nelle giornate estive giocava all'ombra delle tribune. Oggi le ali
sinistre sono dei centrocampisti, e talvolta non sono neppure
mancine. Nulla di male, naturalmente. Ma quando sulla spalle del
collega ci sembra di intravedere il numero 11, non illudiamoci:
potrebbe essere Guly. Bravo ragazzo, utile alla causa. Ma il genio,
sul prato verde di un ufficio, è un'altra cosa.
Ecco: abbiamo finito. Rimarrebbero da descrivere i panchinari della
vita. Ma ci manca il cuore..."
Articolo dei primi anni 2000, da Sport Week.
Un paio di immagini dei primi anni '10... almeno ridiamoci su...
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